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23 settembre 2021

La forza di Veronica Yoko Plebani

Dalla meningite fulminante, ai successi ai Giochi Paralimpici di Tokyo 2020, all'amore per lo sport, a Verissimo la storia di Veronica Yoko Plebani

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Veronica Yoko Plebani, 25 anni, dopo i recenti successi ai Giochi Paralimpici di Tokyo 2020 - nei quali ha conquistato la medaglia di bronzo nel triathlon, nella categoria PTS2 - si racconta sabato 25 settembre a Verissimo. L'atleta - che a 15 anni è stata colpita da una meningite batterica fulminante di tipo C, alla quale è sopravvissuta riportando la perdita di alcune falangi delle mani e dei piedi e cicatrici su tutto il corpo - a Tokyo, nella gara disputata sulla distanza di 750 metri a nuoto, 20 km di ciclismo e 5 km di corsa, è arrivata terza con il tempo di 1:15:55, alle spalle delle statunitensi Allysa Seely, medaglia d'doro, e Hailey Danz, medaglia d'argento. "La miglior sensazione di sempre", aveva scritto su Instagram Veronica Yoko Plebani dopo aver vinto la medaglia di bronzo nel triathlon a corredo di una foto con la bandiera tricolore. L'atleta, dopo la vittoria, aveva condiviso le sue emozioni in un altro post: "Grazie Tokyo. La mia terza esperienza paralimpica è giunta al termine, e ho già nostalgia. È stato duro, gioioso, inaspettato, e soprattutto emozionante sotto ogni aspetto. Ho condiviso questo viaggio con alcuni dei cuori più belli della terra, e ho fatto cose di cui pensavo di non essere capace. Per questo motivo il mio cuore è colmo di amore e di orgoglio! Non posso esprimere la gratitudine per il popolo giapponese che lo ha reso possibile con gentilezza, rispetto e umiltà".

Veronica Yoko Plebani, condividendo anche uno scatto in cui mostrava con orgoglio la medaglia di bronzo, aveva scritto: "Sto vivendo un momento incredibile. Non riesco ancora a realizzarlo e a descrivere quanto sia felice. Grazie per l'amore!" Veronica Yoko Rebecca Plebani, questo il suo nome completo, è nata il primo marzo del 1996 a Gavardo, in provincia di Brescia, e vive a Palazzolo sull'Oglio con la sua famiglia, composta da papà Massimo, mamma Viviana, e dal fratello Mavi, che deve il suo nome alla somma delle iniziali dei genitori. Plebani ha ereditato la passione per lo sport dal padre, parlando del quale, aveva detto in un'intervista dopo il bronzo vinto a Tokyo: "Persino mio padre, che è il mio fan numero uno, pensava che il triathlon fosse troppo per me, anche per questo oggi sono felicissima". E a proposito del suo nome, l'atleta aveva dichiarato a Bresciaoggi: "Mia mamma, che pratica il buddismo, mi ha voluta chiamare Yoko perché in giapponese significa 'bambina solare' o 'figlia del sole'. Mio padre, invece, ha aggiunto Rebecca, perché si chiamava così un locale che aveva aperto appena prima che io nascessi". Veronica Yoko Plebani fin dall'infanzia ha praticato numerose discipline sportive, quali danza, ginnastica artistica, atletica, ciclismo, snowboard, surf, kayak, nuoto, e canoa. L'atleta - che dal 2012 al 2018 ha collezionato 19 medaglie ai campionati internazionali e 16 ori a quelli nazionali - infatti, aveva preso parte anche alle Paralimpiadi Invernali di Sochi 2014 nel cross-snowboard e alle Paralimpiadi Estive di Rio 2016 nella canoa. L'atleta, parlando del suo approccio al triathlon, aveva dichiarato alla Gazzetta dello Sport: "Alle Olimpiadi brasiliane ho conosciuto la squadra del triathlon e sono rimasta affascinata dai loro racconti. Mi sono detta: provo. Ma mentre bici e nuoto sapevo non sarebbero stati un problema, la corsa mi preoccupava, perché io, quando ho iniziato, non riuscivo nemmeno a correre per qualche centinaio di metri, e invece in questa disciplina bisogna farlo per cinque chilometri. Per tre anni correre è stato molto doloroso, perché i tutori mi facevano male. Ma in quella sofferenza, alla fine, ero riuscita a vederci un valore aggiunto". E a proposito del successo ottenuto a Tokyo, aveva aggiunto: "Poi, l'anno scorso, ho trovato le protesi giuste, e quei cinque chilometri di corsa - dopo i 750 metri di nuoto e i 20 chilometri di bici - sono diventati piacevoli come tutto il resto".

"Non è lo sport che mi ha salvato la vita, me la sarei salvata comunque", aveva detto di recente a proposito dei suoi traguardi professionali Veronica Yoko Plebani, che, arrivata a Tokyo, aveva condiviso in un post su Instagram alcune riflessioni sulla sua carriera: "Sono orgogliosa del lavoro che ho svolto negli ultimi anni e dell'atleta e della persona che sono diventata, e mi sento estremamente fortunata ed entusiasta di trovarmi nel miglior posto al mondo. È così bello essere finalmente qui". Veronica Yoko Plebani il 27 aprile del 2011, all'età di 15 anni, aveva contratto una meningite batterica fulminante di tipo C, alla quale era sopravvisuta subendo l'amputazione di alcune falangi delle mani e dei piedi. L'atleta, che si era sentita male dopo una serata trascorsa con gli amici, era stata poi portata al pronto soccorso dalla madre e, dopo essersi sottoposta a una serie di esami, gli era stata diagnostica la malattia. Trasferita all'ospedale di Brescia, Plebani era stata ricoverata in rianimazione per un mese e mezzo, per poi essere ricoverata al reparto grandi ustionati di Verona per altri tre mesi. Le cicatrici sul suo corpo, che hanno l'aspetto di ustioni, sono dovute alla reazione estrema al batterio, che causa necrosi nelle zone più periferiche del corpo come arti e pelle. Nel 2018, a distanza di sette anni dal ricovero in ospedale, l'atleta aveva condiviso in un post su Instagram alcune riflessioni sulla sua vita: "Sette anni fa ero in ospedale credendo di non poter far più nulla nella vita, e ora non posso che essere molto orgogliosa di tutto quello che invece sono riuscita a fare! Ma soprattutto sono grata per le infinite possibilità che ancora ho davanti". A novembre del 2011, appena uscita dall'ospedale, Veronica Yoko aveva preso parte alla 5 km il giorno prima della Maratona di New York, attraversando il traguardo con 28 corridori del Monza Marathon Team, i quali avevano spinto in carrozzina l'atleta, che aveva poi fatto gli ultimi passi camminando. In questi anni Veronica Yoko Plebani era entrata a far parte del team di art4sport - l'associazione fondata a fine 2009 e chi si ispira alla storia di Bebe Vio, che l'atleta aveva incontrato prima della partenza per Tokyo, dove Vio aveva vinto la medaglia d'oro nel fioretto femminile. Attraverso art4sport Plebani aveva intrapreso la pratica sportiva agonistica nelle discipline di canoa e snowboard, e nel 2012 aveva conquistato il primo posto nei Campionati italiani Junior di paracanoa. Nel 2014, oltre ad aver preso parte ai Giochi Paralimpici Invernali di Sochi nella disciplina del cross-snowboard, aveva vinto la medaglia d'oro alla Coppa del Mondo assoluta di paracanoa nella stessa specialità . L'atleta alle Paralimpiadi di Rio 2016 si era poi classificata al sesto posto nella gara del KL3, e nel 2017, dopo essersi classifica al quinto posto alla Coppa del mondo di paracanoa di Seghedino nei 200m KL3, si era avvicina alla pratica sportiva del paratriathlon, conseguendo da subito ottimi risultati nelle gare a livello nazionale nella categoria sprint PTS2: oro al Campionato Italiano Paratriathlon, oro alla Coppa del Mondo Paratriathlon di Besancon, quinto posto ai Campionati Europei Paratriathlon di Kitzbuhel, bronzo alla Coppa del Mondo Paratriathlon di Iseo, e settimo posto ai Campionati del mondo a Rotterdam. Veronica Yoko Plebani, che attualmente sta frequentando un master a Bologna - dove a luglio del 2020 si è laureata in Relazioni Internazionali - a gennaio aveva dichiarato a Repubblica: "Mi piacerebbe lavorare nella comunicazione istituzionale europea. È importante che nei posti di rappresentanza ci siano anche persone come me".

Veronica Yoko Plebani è diventata un'icona di body positivity, e un punto di riferimento per la battaglia in favore dell'inclusione. L'atleta, che ha spesso posato per importanti fotografi anche in lingerie e senza veli, aveva dichiarato in un'intervista: "Con il corpo devi farci i conti tutti i giorni. Anche quando ero ricoverata c'erano momenti in cui pensavo: Le mie gambette sono ok anche così. Poi ho capito quanto era difficile muoversi con un corpo differente. Per svoltare, ho dovuto ricominciare a fare le cose da sola. Se posso fare quello che mi interessa, mi son detta, il mio corpo va bene. Non importa se ha una forma diversa. Oggi mi piaccio, sono bella". E a Vanity Fair l'atleta aveva detto: "Per me il mio corpo non è un problema, e se posso essere in qualche modo da stimolo per tutte quelle persone per le quali lo è, questo mi fa felice. Oltre alle vittorie sportive ci sono anche queste soddisfazioni". L'atleta nel 2020 ha pubblicato il romanzo Fiori affamati di vita, scritto con l'amica Francesca Lorusso, in cui Plebani ha ripercorso la sua storia raccontando che non esiste forma di bellezza più potente della diversità. Condividendo su Instagram due scatti in cui mostrava il libro, l'atleta aveva scritto: "Rendersi conto che il cambiamento va bene può significare crescere e migliorarsi. Questa è la liberazione più grande". E parlando del libro in un'intervista aveva raccontato: "Con questo romanzo mi libero dal mero racconto dei miei eventi per essere più vicina a tutti. Nel libro sono la Veronica di oggi che guarda la Veronica di ieri. Guardando al passato, con il bagaglio di esperienze attuali, si può fare un'analisi diversa". E a proposito del titolo scelto per il romanzo, l'atleta aveva dichiarato: "I 'fiori affamati' siamo tutti noi, quando riusciamo a trovare la nostra voglia di farcela in tutte le situazioni. Il mio è un po' un augurio affinché tutti troviamo la nostra primavera, in cui sentiamo il bisogno di ruggire, e come fiori di rifiorire".

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