Avellino, le parole della ragazza segregata in casa

"Vengo picchiata da mia madre da quando ne ho ricordo, mi ha da sempre picchiata perché, purtroppo, porto il nome di mia nonna paterna che lei detestava. Mi ha sempre picchiata con calci, pugni, colpendomi con ogni tipo di oggetto. All'età di circa sei anni, mentre mi stava picchiando, mia madre mi ruppe addirittura un braccio. Ricordo che me lo prese e me lo torse fino a quando non si ruppe". Queste dichiarazioni, mandate in onda da Mattino Cinque News, sono una parte del racconto di quanto subito della ventenne di Aiello del Sabato, piccolo centro alle porte di Avellino, che sarebbe stata chiusa a chiave in una stanza e spesso legata per impedirle di scappare. "In tutti questi anni venivo picchiata quotidianamente anche senza motivo", dice la giovane "non potevo mangiare con i miei fratelli, potevo mangiare una sola volta al giorno e mai quello che mangiavano gli altri, in piedi, lontana da tutti". "In casa ero praticamente una serva", aggiunge la ventenne, "costretta ad occuparmi della casa e dei miei fratelli. E se i miei fratelli combinavano qualche guaio ero sempre io ad essere picchiata. Mia madre provava talmente piacere a farmi del male, che mi ha addirittura spento una sigaretta sul seno e picchiata con un cavo scart della televisione sulla schiena tanto forte da lasciarmi i segni. Tutti in casa sapevano come venivo trattata da mia madre ma nessuno si opponeva, tranne mia sorella. Gli altri miei fratelli invece, compresi quelli più piccoli, hanno sempre dato ragione a mia madre e mi apostrofavano dicendo che ero nata dalla munnezza".